Di Lorenzo Mortara
L’accettazione
da parte della Fiom del Protocollo d’intesa che la fa
rientrare al tavolo delle trattative al prezzo di pesanti limitazioni
del diritto di sciopero qualora si trovi in minoranza, è stata
accolta dai lavoratori meno attenti e più distratti come l’unica
strada percorribile da Landini. Il muro contro muro non ha
funzionato, dicono costoro, facilitati in un simile giudizio
dalla propaganda burocratica che ripete suppergiù la stessa solfa,
senza che questi lavoratori si rendano conto di quanto pesi,
nell’autonomia del loro giudizio, una simile litania.
In
questa idea semplicistica ci stanno due errori. Il primo consiste nel
credere che laddove non abbia funzionato il muro contro muro, possa
funzionare l’accomodamento. Il che è come dire che se uno non
riesce a bucare la roccia col martello pneumatico, può riuscirci col
trapano a batterie. La realtà ovviamente non fa che mostrare
continuamente l’esatto opposto: se non ha funzionato il muro contro
muro, men che meno può funzionare il compromesso indecoroso! Dove
non arriva il martello pneumatico, non arriverà nemmeno il trapano a
batterie.
Il
secondo errore, più grosso, consiste nel dare per scontato che la
Fiom abbia fatto muro contro muro. Chi non conosce la lotta di classe
e la sua storia si lascia facilmente impressionare dagli slogan e dai
principi enunciati con fermezza dai leader sindacali di turno, tutte
cose che l’indubbia capacità oratoria di Landini sa amalgamare in
maniera egregia. Eppure, nonostante la sua indubitabile arte
oratoria, Landini non può ingannare chi la storia della lotta di
classe la conosce davvero.
Per
costoro, per noi, Landini tutto ha fatto tranne che il muro contro
muro. Landini ha evitato che i lavoratori occupassero le fabbriche
quando erano in procinto di farlo a Termini Imerese, anche se allora
alla guida della Fiom c’era ancora Rinaldini, di cui però Landini
è il logico prosecutore; ha evitato che si collegassero tra loro non
insistendo in maniera sistematica sull’unione di tutte le fabbriche
in lotta dell’indotto Fiat; ha evitato lo scontro in Cgil con la
Camusso, rinunciando a denunciarne sistematicamente le malefatte e le
continue capitolazioni a PD e Confindustria; ha evitato di unirsi
alla sua sinistra coi sindacati di base, per lanciare un milione di
inutili appelli a destra, a Fim e Uilm che ovviamente non li hanno
raccolti; ha evitato ogni sciopero serio, duraturo, sfiancando
militanti e lavoratori in un numero considerevole di scioperi rituali
e testimoniali; ha evitato, persino in questi scioperi simbolici, di
fare appello ai lavoratori, preferendo sempre appellarsi ai governi
padronali che, come era prevedibile, se ne sono fregati; ha infine
evitato accuratamente ogni scontro politico con quel che resta
dell’Ulivo, rendendosi addirittura patetico il giorno delle
elezioni, quando di fatto si è trovato nel carrozzone del PD e
quindi alleato ai sostenitori dei suoi stessi aguzzini, Marchionne e
Monti.
Non è
dunque per il fallimento del muro contro muro che la Fiom sta per
rientrare nei ranghi della concertazione, ma per l’esatto
contrario, per aver rinunciato a farlo, per aver cercato
l’accomodamento quando non c’era niente da accomodare, perché
era evidente che a cercare lo scontro, muro contro muro, erano
proprio e per primi i padroni. È per questo che ha perso e ritorna
indietro sui suoi passi, perché è stato troppo molle, non perché è
stato troppo duro. Perché ha provato a bucare la roccia, non col
martello pneumatico, ma col trapano a batterie. Ed è ovvio che con
armi così spuntate, la roccia della Fiat e di Confindustria non sia stata nemmeno scalfita. Se avesse fatto muro contro muro, se avesse
usato il martello pneumatico, la Fiom e Landini avrebbero sbriciolato
Marchionne e le sue New-co come un grissino.
Lorenzo
Mortara
Rsu Fiom-Cgil
Stazione
dei Celti
Sabato 8 Giugno 2013
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